04/04/2017
L' India e la tessitura manuale
Il viaggio di Eva Basile presso i tessitori di Varanasi, gli artigiani che ricamano saree e l'ineguagliabile qualità della preziosa pashmina filata e tessuta a mano.

In tanti anni di lavoro presso la Fondazione Arte della Seta Lisio ho avuto l’occasione di conoscere tantissimi colleghi, studiosi ed allievi appassionati: una comunità larga di persone che condividono l’amore per la tessitura e le stoffe in generale.

Grazie a due di loro e grazie al sostegno della Fondazione nei primi giorni di questo 2016 sono volata fino a Nuova Delhi per dieci giornate intense di scoperte e di studio. Molte cose erano state già organizzate prima della partenza dai miei premurosi compagni d’avventura: Abbas Khan, già studente in passati corsi di “Analisi” e di “Progettazione dei tessuti operati” e grande appassionato di tessuti di pregio della sua terra, l’India e Barbara S. Pickett, collega ed amica da almeno due decenni, studiosa delle tecniche dei velluti e animatrice di un programma di studi che vede gruppi di studenti USA venire regolarmente a Firenze per apprendere le tecniche Jacquard.

un laboratorio a sud di Nuova Dehli

Ero atterrata da poco più di tre ore quando ho affittato una vettura per andare ad incontrare Ashdeen Lilaowala nel suo laboratorio al sud di Nuova Dehli. Un tuffo nel caos del traffico per approdare in una sala ampia nella quale una decina di giovani artigiani erano intenti a ‘disegnare’ con il filo di seta tele ben tese su dei telai posti a qualche decina di centimetri da terra.

 
Nella sala attigua vi erano i lavori completati: dei saree meravigliosamente decorati da ricami in colori a contrasto, di gusto molto grafico e moderno.
Ho così appreso che c’è una rinascita del saree in India e che averne nel guardaroba è diventato di gran moda per le giovani indiane inurbate e cosmopolite.
 

Il giorno successivo è stato dedicato ad una lunga visita al Crafts Museum: la mostra riguardante i tessili è molto articolata e vi si trova anche un telaio a tiro perfettamente allestito e funzionante!
Il museo si trova in un grande giardino, distante dai rumori incessanti del traffico: un altro valido motivo per visitarlo.
 
L’indomani sono andata a vedere l’ovattato ed elegante showroom di Kashmir Looms, dove ho potuto vedere molti lavori in preziosa pashmina filata e tessuta a mano di qualità decisamente più alta dei tanti prodotti venduti ovunque con questo nome.
 
Le mie prime giornate a Dehli erano terminate: un volo di poco più di due ore mi avrebbe portata a Varanasi, sede delle visite più attese e luogo in cui avrei incontrato Barbara ed il piccolo gruppo di artiste tessili giunte dagli USA. Una fittissima nebbia ha ritardato il mio volo di parecchie ore, così invece di perlustrare la famosa città sacra ai buddisti e agli induisti, ho stazionato nel moderno ed impersonale aeroporto della capitale. Fortunatamente sono riuscita ad unirmi al gruppo, giusto in tempo per la cena. L’albergo Hotel Ganges View in cui abbiamo alloggiato è ricavato da una dimora privata della quale ha conservato un particolare charme.
laboratorio di tessuti broccati Metha-Banaras

Non era molto il tempo a disposizione: il primo giorno lo abbiamo dedicato ad una visita guidata alla città iniziata alle 6 del mattino e conclusasi alla sera.
 
Abbiamo osservato i rituali sul Gange, percorso le straduzze del centro, visitato il Museo Archeologico, il Durga Mandir ed un grande tempio affollata di fedeli, fatto un breve viaggio in risciò e visitato un laboratorio tessile.
La permanenza nel laboratorio si è protratta molto oltre la previsioni della guida stravolgendone i piani: abbiamo saltato il pranzo senza alcun rimpianto e ci siamo familiarizzati con gli usi e le tipologie tessili locali.
 
Nozioni che si sono rivelate molto utili l’indomani: il giorno più atteso da tutti noi, quello dedicato alla visita nel laboratorio sostenuto dal noto studioso Rahul Jain in cui, su sua richiesta e sotto la sua supervisione, si tesse il velluto policromo su un telaio a tiro. Nessuno di noi aveva visto un telaio a tiro se non in foto o quello pur montato e probabilmente funzionante che si trova Lione: qui si tesseva davvero!

Non che la cosa sia semplice e nemmeno veloce, al telaio si affaccendavano quattro persone, praticamente tutta la famiglia: l’anziano padre si prendeva cura dalla cantra montata in modo molto diverso dalle nostre, ma allestita a tre corpi, con centinaia di rocchetti sospesi.

Il capofamiglia tesseva ed il fratello si occupava di selezionare i lacci, mentre la moglie si prendeva cura della pulizia del passo e dei movimenti delle cimose.

 

Abbiamo osservato, chiesto spiegazioni, fotografato e parlato varie volte al telefono con Rahul Jain che si trovava a Dehli ma che era in grado di parlare hindi con i tessitori ed inglese con noi. Un po’ con l’aiuto dell’autista e aiutandosi con gesti ci siamo capiti, o almeno spero. In India si tesse con i così detti pitlooms, telai nei quali la pedaliera si trova sotto al livello del pavimento e l’ordito a pochi centimetri dal suolo.
 
Una soluzione molto pratica che permette grande stabilità al telaio e che non pesa al tessitore, ma che rende l’osservazione molto ardua: lo spazio attorno al telaio è minimo e i pedali si scorgono a fatica.
 
Verso la fine della visita i tessitori hanno portato alcuni tessuti da loro realizzati: dei taffetas lanciati con trame metalliche e piccoli interventi broccati da indossare a mo’ di stola.
Ne ho comprato uno nei toni del rosa e dell’oro, non potevo fare miglior acquisto!

Era domenica, il progetto di andare al mercato a comprare le bellissime navette in corno di bufalo è sfumato: ci saremmo andati l’indomani, non ci restava che tornare a riposarsi in albergo paghi di quanto visto ed imparato. Sul pulmino che ci trasportava non abbiamo parlato d’altro e anche prima e durante la cena velluti, saree e telai hanno catturato tutte le nostre energie.

Prima di cena ho avuto modo di visitare un piccolo Khadi shop che avevo intravisto lungo la strada: vi si vendevano tessuti realizzati a mano nelle cooperative consociate: sete locali (nonviolente e quindi ricavate da bozzoli sfarfallati), kashmir e cotoni finissimi. Vi erano anche fazzoletti tessuti a mano, in cotone. Ne ho presi alcuni al prezzo di cento rupie ciascuno, quasi non ci si può credere. Al rientro da questa mia piccola scoperta ho mostrato i miei ‘tesori’ invogliando il resto del gruppo a fare un salto al negozietto per fare qualche acquisto.

Bari Bazaar ed il laboratorio di lampassi

Il giorno dopo era l’ultimo del mio soggiorno sulle rive del Gange: di buon ora siamo andati nel Bari Bazaar - il mercato centrale, si potrebbe dire - accompagnate da Sribhas Supakar, un designer molto attivo in città, che conosce praticamente tutti.
 
Siamo così stati in un laboratorio in cui si tessono lampassi per i monasteri buddisti del Tibet ed un altro specializzato in pashmine, passando per vie e viuzze in cui si sgommava, si tingeva e ordiva la seta.
 
Rientrata a Dehli e scoperti i servizi della modernissima e veramente efficiente metropolitana ho finalmente incontrato Abbas, appena rientrato in India e dopo aver sorseggiato un the nella lounge del lussuoso Hotel Le Méridien: un’altra India si è spalancata ai miei occhi, quella ovattata di coloro che hanno mezzi.
Raw Mango e Sanjay Garg

Abbiamo fatto una visita veloce al Cottage Industries Emporium. Erano tante le cose davvero belle e divertenti in vendita, ma eravamo troppo stanchi per approfittarne.
 
Ci siamo dati appuntamento l’indomani, al mattino per visitare Sanjay Garg nel suo studio/showroom dove ho conosciuto un altro elemento del saree revival e le belle produzioni dell’azienda da lui fondata solo sette anni fa: Raw Mango.

 
Gli ho fatto mille domande in mezzo a coloratissimi tessuti in cotone e seta, davvero belli, alla presenza di vendeuses e clienti, non tralasciando di intervistare anche la bella ragazza dall’accento molto british che stava scegliendo una bella stola proprio davanti a noi.
 
Le clienti, mi è parso di capire, sono tutte o quasi indiane, residenti in India o appartenenti alle grandi comunità di espatriati sparse nel mondo, che scelgono di vestirsi con capi ispirati alla tradizione sapendo come indossarli al meglio.

Dopo un pranzo ‘interessante’ a base di cibo cinese interpretato all’indiana - quindi veramente speziato!! - siamo andati in visita dal noto studioso Rahul Jain, che ci ha ricevuti nella propria abitazione alla presenza di alcuni dei tessuti delle tradizioni Mughal, e Safavidi ricostruiti grazie ai suoi studi ed il lavoro di ‘scavo’ condotto assieme ai tessitori di Varanasi, gli stessi che avevo visitato qualche giorno prima.
 
Molte domande hanno trovato risposte e la mia sete di sapere si è ulteriormente alimentata: devo trovare il modo di tornare.
 
L’India è il paradiso per chi si interessa ai tessili, lo sanno tutti, ma esserci è comunque un’altra cosa!

Eva Basile